Relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e formazione 2016 | Commissione Europea – Turi: un sistema di istruzione che funziona in un mercato del lavoro colabrodo

L’analisi europea e il quadro di riferimento nazionale suggeriscono una riconsiderazione degli elementi su cui è stata costruita la riforma del Governo sulla scuola.

 

L’ultimo rapporto sull’istruzione diffuso oggi dalla Commissione europea è la più eloquente dimostrazione che non è il sistema di istruzione ad avere bisogno di modifiche ma è il mercato del lavoro che non funziona – sottolinea il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi. Il sistema formativo italiano sforna ‘cervelli’ che trovano lavoro ed opportunità fuori dal paese.

L’ottica secondo la quale leggere il capitolo relativo all’Italia è dunque quella di una insufficienza produttiva o di una carenza strutturale ed istituzionale nell’offrire agli studenti del nostro Paese pari opportunità rispetto ai ragazzi degli altri paesi e prospettive positive di carriera.

In entrambe i casi – continua Turi  –  vanno superati i pregiudizi sul livello di efficienza del nostro sistema di istruzione italiano che rappresenta un modello da esportare e non da omologare: ecco cosa ci dice l’Europa.

L’elemento fondamentale costitutivo  dell’istruzione italiana è quello di una scuola libera indipendente che con lo studio delle conoscenze, dello sviluppo e dello spirito critico, ha mostrato  che la misurazione delle competenze, tramite test standardizzati, porta alla massificazione, affievolisce fino ad annullare ogni forma di  inventiva e di creatività che è ciò che caratterizza il nostro ingegno, il  made in Italy, apprezzato nel mondo.

Un tale quadro di  analisi, se messo in relazione alle ultime dichiarazioni del Premier Renzi sulla scuola, proprio ieri sera, durante la trasmissione di Giovanni Minoli, dovrebbe indurre il ministro Giannini ad una (ri)considerazione degli elementi su cui è stata costruita la riforma scolastica.

La  riapertura del contratto nazionale di lavoro e le riunioni tecniche previste nelle prossime settimane al ministero – rammenta Turi – potranno essere l’occasione per dare un segnale di attenzione al personale scolastico che attende risultati di cambiamento concreto.

Sono tutti elementi che dovrebbero far riflettere una politica intenta ad omologare, piuttosto che a valorizzare ed esportare il nostro modello. I fenomeni di globalizzazione e innovazione tecnologica non possono guardare agli studenti solo come  ‘risorse umane’ da collocare sul mercato.

Quello della conoscenza non deve rappresentare un muro per una nuova divisione sociale, va armonizzato con i diritti umani: la nostra scuola lo fa da sempre, considerando  la persona e non il mercato che deve piegarsi alle esigenze umane e non il contrario. Una preparazione anche umanistica, aiuta e contribuisce alla consapevolezza, all’adattamento, alla preparazione  flessibile che consente di gestire i cambiamenti. I cervelli italiani e la loro ricerca ne sono una prova concreta.