Il Ministero sarebbe al lavoro sul decreto. La notizia, ufficiosa, trapela da riunioni informative per pochi. Grave errore di impostazione e di prospettiva. La scuola è educazione, non assistenza.
Un annuncio informale, questo sarebbe al momento, la notizia di un decreto sul sostegno a cui il ministero sta lavorando nel quale i docenti andrebbero a svolgere la propria attività a domicilio nel caso in cui un l’alunno o l’alunna affidati siano impossibilitati frequentare le lezioni per un periodo di oltre 30 giorni.
Non c’è fine alla mortificazione di una categoria che non merita questi toni, né questi provvedimenti – commenta in maniera molto critica il segretario generale della Uil scuola, Pino Turi.
Ci auguriamo – dice Turi -che intorno alla scuola e alla sua funzione intervengano le famiglie a cui si deve offrire diritti di integrazione e non miserande surroghe assistenziali.
Il fiore all’occhiello dell’integrazione scolastica della scuola italiana non merita il degrado a cui la politica del consenso elettoralistico si sta piegando. Non si possono confondere la funzione professionale dell’insegnamento con quella dell’assistenza.
Questo nel merito – aggiunge Turi.
Quanto al metodo, il ministero ha convocato tutte le organizzazioni sindacali, ma come è noto la UIL Scuola con altri sindacati di categoria, ha proclamato lo stato di agitazione e indetto uno sciopero.
Questo significa che sono interrotte le relazioni sindacali ed è aperta una vertenza.
Il ministero invece di prenderne atto persevera nella sua azione incurante di ciò che avviene nella realtà.
Voler cambiare per legge i contratti è ormai un’abitudine ed un cattivo costume a cui richiamiamo tutte le forze politiche e lo stesso ministro che – osserva Turi – in questo caso non può dire di trovarsi di fronte ad una legge da attuare.
Sarebbe grave che il Parlamento legiferasse a prescindere del parere del ministero per cui presumiamo che questo progetto non sia nato oggi.
Chiamare il sindacato per informarlo è diventato un mal costume su cui eleviamo la più ferma protesta.
Cambiare per legge la condizione dei lavoratori non è accettabile nella misura in cui si viene a creare una contraddizione che ignora la situazione reale.
Voler trasformare a tutti i costi la scuola in servizio, peraltro assistenziale come in questo caso, è contro i principi e i valori della scuola costituzionale e ignora il valore dell’integrazione nell’istruzione pubblica.
Un ulteriore motivo – come se non ce ne fossero già abbastanza – per andare allo sciopero del 10 dicembre.