PRESENTATO OGGI IL PIANO DI RIGENERAZIONE SCUOLA
Cambiano i temi ma restano le stesse logiche che vedono la scuola funzionale a progetti economici.
La vera sfida è valorizzare insegnanti e personale. Meno precarietà e più rispetto per il lavoro.
Partiamo da qui:
nel 2007 il Governo Renzi annunciava il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), progetto triennale con uno stanziamento di 30 miliardi di euro. Veniva presentato ufficialmente al Miur, con un bel volume, slides colorate, un sito dedicato, la voce delle scuole e l’establishment gaudente.
Venivano presentati per la prima volta gli ‘animatori digitali’ e Elio Catania, allora presidente di Confindustria digital, dopo incarichi di vertice in Alitalia e Ferrovie, annunciava la disponibilità ad affiancare 100 mila esperti agli insegnanti, come angeli di supporto per la transizione digitale.
Che qualcosa non abbia funzionato è sicuro se, come sappiamo per esperienza, all’arrivo della pandemia – più di dieci anni dopo – le scuole si sono trovate a gestire una Dad traballante, piena di disparità territoriali, basata più sulla volontà e disponibilità personale di insegnanti e studenti che sulla poderosa macchina digitale della scuola nazionale.
Arriviamo a oggi.
Questa mattina, nella stessa sala del MI, è stato presentato il Piano di Ri-generazione della scuola. Questa volta non è il digitale a farla da padrone ma la svolta ambientale, la sostenibilità.
Di cifre stavolta non si parla, ma non sfugge che le risorse del PNRR siano tutte trasversalmente finalizzate alla svolta ambientale.
Così il sottosegretario Floridia (M5S) illustra il passaggio dalla resilienza alla ri-generazione in tutte le declinazioni possibili: ri-generazione dei saper, ri-generazione dei comportamenti, ri-genrazione delle infrastrutture fisiche e digitali.
Di scuola si parla poco ma, in fondo questo piano non è mica pensato per rafforzare la scuola.
E’ un piano che serve alla svolta green, alla mobilità, ai comportamenti, alle scelte alimentari, a realizzare gli obiettivi dell’agenda 20/30. E ai ri-generatori: dal Cnr all’Enea, all’Ispra, passando per la Rai, i Carabinieri, le Capitanerie di Porto, le associazioni.
Così, se nel 2007 c’era Confindustria a voler dare supporto (o riceverne?) dall’interazione con il sistema scolastico, oggi c’è l’Enea che ha già i corsi pronti per i dirigenti scolastici (“le progettualità sono state già consegnante al ministero”) e l’ISPRA che intende aderire in modo “entusiasta e capillare” mettendo a disposizione le agenzie regionali con i suoi 10 mila operatori sui territori.
E chi non avrà bisogno di un mobility manager? O di un software che offra soluzioni logistiche dopo aver registrato da dove vengono tutti gli studenti di una determinata scuola, come ha sottolineato il Sottosegretario Floridia.
Fa riflettere che proprio qualche settimana fa, nell’incontro che il ministro Bianchi ha avuto con i rappresentanti nazionali dei dirigenti scolastici, le richieste sono state di sicurezza, organici, definizione delle responsabilità. Non uno ha chiesto il mobility manager per la propria scuola, e di questo il ministro si è molto stupito. Oggi ne comprendiamo meglio la ragione.
Un anno fa, davanti alla Dad, la Uil Scuola, nel denunciarne i limiti, è passata per anacronistica e retriva. Il contratto non firmato è prova della nostra correttezza intellettuale.
Oggi nell’osservare con profonda preoccupazione, e perfino imbarazzo istituzionale, la definizione degli attori del Piano – messi esattamente in questo ordine: studenti, dirigenti, docenti, personale Ata e famiglie – non riusciamo a non pensare che le esperienze nelle scuole sono frutto dell’intera comunità e che la scuola costituzionale di questo paese non ha bisogno di nuove mission stagionali ma ha bisogno di risorse per fare ciò che già sta facendo, per rispondere al dettato costituzionale.
Ancora una volta rischiamo di essere tacciati per oscurantisti, anti progresso. Peccato che gli obiettivi dell’Agenda Onu siano stati al centro di diverse nostre iniziative e appuntamenti istituzionali.
Due anni fa il simbolo diffuso per gli iscritti Uil Scuola erano proprio gli Obiettivi 20/30 ma la svolta green, plastic-free, clean-air (a dirla con oggi) l’abbiamo lasciata all’intelligenza professionale degli insegnanti, alla loro sensibilità, alla capacità di modellare progetti e programmi in funzione delle loro classi e degli alunni.
Quegli stessi insegnanti lasciati nell’instabilità lavorativa, nella compilazione di carte inutili, nella vessazione di una mobilità diventata blocco territoriale. Sono queste le vere emergenze che la scuola vive ogni giorno, sono questi i temi che andrebbero discussi e risolti. Sono questi temi che porteremo in piazza il 9 giugno.
Dieci punti da tenere a mente
Senza il coinvolgimento del personale nessuna transizione sarà realizzabile
- La realtà è molto diversa da quella virtuale dove si sono formati i nostri politici.
- La voglia di apparire moderni e smart può portare a grandi delusioni.
- La transizione che sia ecologica, piuttosto che tecnologica, ha bisogno di una base culturale che solo la scuola può dare.
- La scuola la fanno i professionisti e non gli arrivisti e i profittatori. E’ sui primi che bisogna investire, non ri-formandoli ma dandogli fiducia. Hanno al loro interno risorse vere per farlo. La DAD ne è una dimostrazione.
- Attenzione alle scorciatoie narrative che durano come il fuoco di paglia. Serve una base culturale che poggi sulle conoscenze e sulle conseguenti competenze. Solo buona legna da ardere può dare calore continuativo.
- L’investimento deve esserci, ma si parte dalle fondamenta, non dai serramenti.
Una scuola con 200.000 mila precari non farà mai la rigenerazione del nulla. - Non illudiamoci che i privati e la tecnologia possano sostituire il ‘magister’, senza il quale nessuna transizione è possibile.
- Bisogna partire dai valori sui quali si adattano le azioni, meglio chiamate come resilienti. Se non sono solide si costruisce sulla sabbia. I nostri valori sono quelli della solidarietà e della socialità, della costituzione ai quali va fatto continuo riferimento. Senza quei valori non si va da nessuna parte.
- Senza i corpi intermedi, che significa favorire la cultura della transizione, è difficile ottenere risultati.
- Questi momenti servono per disegnare una prospettiva. Non devono essere gestiti contro ma verso qualcuno. E’ necessario che si consideri utile e necessario chiunque e non le avanguardie utili solo a dividere. Resilienza e rigenerazione sono facce della stessa medaglia quella delle persone che sono il presupposto per investimenti e per realizzare la transizioni.