Il testo sulla didattica a distanza nasce sull’onda dell’emergenza e tale deve rimanere.
La didattica integrata è altra cosa. In Italia non c’è niente di più duraturo di ciò che nasce come provvisorio.
Vanno ridisegnati diritti e opportunità. Non basta un atto amministrativo. Serve un vero contratto professionale, se non proprio una legge quadro che introduca la didattica integrata a distanza nelle scuole.
Quando un insegnante fa lezione a distanza, fa lezione a casa delle persone. Non sa quali sono le condizioni, chi è all’ascolto, se la lezione viene registrata. Può accadere che si venga interrogati e la valutazione venga contestata, come può succedere che la lezione, frutto di ingegno personale, professionalità maturata negli anni, venga riprodotta e diffusa in barba ad ogni copyright intellettuale. Contraddizioni negate dal contratto e previste da leggi vigenti.
Genitori in smart working e professori in Dad: è un caso che diventa sempre più frequente. Tutti assistono e la chiamano scuola? Va bene, siamo in emergenza e non abbiamo alternative.
Ma quando diventa DDI il contesto cambia; si tratta di introdurre un modello che cambia la vita e la professione, con mille sfaccettature interdisciplinari e dirette responsabilità su docenti, dirigenti, famiglie.
Quello che si sta componendo è uno scenario completamente nuovo.
L’idea dell’insegnante nella sua classe, al riparo da condizionamenti, è un’idea che contrasta con l’ipotesi di contratto.
Sta cambiando il mondo è vero, ma con una complicazione mica da niente, dobbiamo saper capire la portata dei cambiamenti e serve un dibattito nel Paese e nelle aule parlamentari.
Non ci si può affidare a provvedimenti ammnistrativi per materie così delicate e che cambiano i fondamentali rapporti sociali, i diritti e doveri contrattuali, senza considerare le prerogative costituzionali della libertà di insegnamento, solo declamate e non garantite.
Così il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, al termine dell’Esecutivo nazionale della Uil Scuola riunito per fare il punto sul contratto sulla didattica a distanza.
Siamo stati i primi ad affermare la centralità della scuola in presenza, ora siamo i primi a dire che deve essere in presenza se è sicura. Poi si può parlare di DDI.
La scuola è funzione dello stato non assistenza socio sociale e la digitalizzazione è strumento e non fine.
Dobbiamo prendere atto della verità dei fatti – osserva Turi – non dei fatti alternativi che sono bufale, falsi. Non funzionano.
Non è ripetendo all’infinito un fatto falso, che diventa vero. Servono le evidenze scientifiche. Nella pandemia i risultati si vedono.
Non possiamo rischiare che ciò accada anche per la didattica a distanza.
Gli insegnanti, in piena emergenza hanno inventato la Dad. A scuole chiuse.
Ora con la seconda ondata della pandemia, un ministro se ne appropria e lo trasforma in DDI, a scuole aperte.
Un testo che non è stato oggetto di confronto, di vaglio parlamentare, di analisi professionale – perché, sottolinea Turi – è destinato a governare l’emergenza non altro.
In Italia non c’è niente di più duraturo di ciò che è provvisorio – rilancia Turi.
Questo testo finirà per diventare definitivo. Non può essere. Si tratta di ridisegnare l’orizzonte delle scuole, la professionalità delle persone. Servono punti di riferimento solidi e seri che consentano di mettere a punto un vero contratto rispettoso della natura costituzionale della scuola e della trasformazione in atto. Ci vogliono tempo, competenze e interdisciplinarità, e non ci sono stati. La fretta non è buona consigliera.
I governi passano i contratti restano – aggiunge Turi.
Va superata la deriva attuale nella quale la scuola è quotidianamente terreno di scontro politico mentre i governatori con le loro decisioni stanno attuando, nei fatti, la regionalizzazione della scuola. Perché la politica nazionale non sa decidere e quando lo fa, confonde tutti.
La proposta che esce dall’Esecutivo Uil Scuola è quella di un referendum sull’ipotesi di contratto sulla didattica a distanza che, superando le distinzioni, e rispettando le diverse posizioni, offra ai lavoratori la forza di una scelta basata sul consenso, sulla condivisione, su regole certe, su diritti che abbiano fondamenta solide, non su palafitte dondolanti sull’onda dell’emergenza e dia una risposta di partecipazione democratica, l’unica che ci può mettere insieme per combattere il pericoloso nemico pandemico.