Il virus non vuole ancora arretrare e sta sconvolgendo la vita degli italiani.
La scuola ne deve uscire bene, per rinsaldare quel senso di Stato e di protezione che i cittadini stanno rivendicando.
Abbiamo chiesto in che modo mettere in pratica questo progetto. Domande concrete e mirate. L’unica risposta che riecheggia è ‘stiamo attuando la didattica a distanza’.
Chiariamoci. Non abbiamo alcun pregiudizio sull’utilizzo della tecnologia e neanche della DAD. Abbiamo svolto, nel 2014 a Torino, un congresso interamente digitale. Certo non un congresso a distanza, ma interamente informatizzato.
La scuola non è servizio. E’ funzione che utilizza la tecnologia. Nessuno può convincerci che questa modalità di studio sia succedanea alla didattica. E’ solo complementare a quella vera.
Entro questi limiti, abbiamo incoraggiato i docenti ad utilizzare tutti gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione per essere vicini ai propri studenti. La risposta è stata forte e emozionante: «Non ti lascio solo» hanno detto i docenti. Non solo una questione didattica ma un vero sostegno psicologico a studenti e famiglie. Un clima, quasi magico, bruscamente interrotto dalla burocrazia: a regolare sforzi, slanci, successi e cadute è arrivata una circolare illegittima ed inattuabile, apprezzata solo da qualche dirigente, e da un sindacato corporativo modello-lavora-e-sta-zitto.
La didattica a distanza non è regolamentata nel nostro ordinamento. Così come si presenta ora è un rimedio che, come direbbe Don Milani, “cura i sani e trascura i malati”.
Non è il momento delle polemiche sterili, la ricerca della verità dei fatti serve per superare le difficoltà che rischiano di dividere il mondo della scuola.
Ci chiediamo quindi, perché si sta scegliendo la strada dell’isolamento e del conflitto.
C’è inesperienza, incapacità, assenza di un piano strategico o, ancora peggio, si vuole approfittare di questa emergenza per ritirare fuori i principi falliti della vecchia Legge 107?
Ora occorre dare risposte lungimiranti e investire solo sulla DAD appare riduttivo.
A breve ci sarà bisogno di un provvedimento legislativo che assuma le responsabilità di chiudere l’anno scolastico ed aprire il nuovo.
Non saranno risposte semplici, né facili, per questo meriterebbero il massimo del consenso.
Proviamo a definire l’agenda:
l’organico: dovrebbe essere confermato nella sua consistenza attuale.
Precari: va dato seguito agli accordi per la stabilizzazione (triennalisti), attraverso concorso straordinario per titoli e servizio, per docenti, dopo aver consentito a tutti gli idonei ed abilitati di optare per sedi diverse da quelle per cui sono in attesa. Analogamente per gli ATA su tutti i posti disponibili e vacanti;
Concorsi ordinari: vanno banditi, con una riserva di posti.
Mobilità: riapertura del contratto per eliminare contraddizioni e disparità;
Graduatorie: vanno aggiornate per i contratti a tempo determinato, per evitare il ricorso alle MAD;
Maturità: senza escludere la possibilità di modifiche del calendario scolastico, potrebbe svolgersi in una modalità meno compressa sia sulle discipline di esame che nella composizione delle commissioni, snellendole, senza il bisogno di ricorrere alle alchimie tecnocratiche.
Sono quasi tutti argomenti scritti nero su bianco con accordi con due governi e con i ministri che si sono succeduti e che non possono essere attuati solo per via amministrativa.
C’è una emergenza e va governata con il massimo grado di condivisione possibile.
Serve un provvedimento organico che dia risposte concrete a tutti, non solo ad alcuni. Diversamente si rischia di andare in confusione ed è quello che, purtroppo, sta accadendo.