Quasi un anno: tanto c’è voluto per giungere all’intesa. Due ministri, uno sciopero, poi sospeso, due manifestazioni nazionali, un accordo a Palazzo Chigi, decine di riunioni, centinaia di ore di confronti tecnici, emendamenti, mediazioni.
Chi guarda all’intesa dei giorni scorsi con lo sguardo piccolo piccolo di chi non ha memoria, pensa ad un accordo qualunque, non cogliendo la portata innovativa e la platea a cui è indirizzata.
Sulla portata innovativa iniziamo a dire che tornano protagoniste le scuole: è nelle scuole che verrà fatto l’equivalente dell’anno di prova, tempo durante il quale saranno acquisiti – a spese dello Stato – i crediti formativi per chi non li ha. Sempre a scuola sarà programmato l’anno di prova, sarà assegnato un tutor, sarà svolta la prova conclusiva, davanti al Comitato di valutazione.
Riguardo alla platea, quella dei cosiddetti precari storici, in prima battuta gli insegnanti con almeno 36 mesi di servizio, va detto che per loro è stato costruito un percorso che prima non c’era. Non c’era via d’uscita da una situazione paradossale nella quale si lavora, si ha esperienza ma non si ha alcuna prospettiva di stabilità.
Con questa intesa si traccia un percorso che guarda alle persone, al lavoro che si fa a scuola, alle differenti situazioni nelle quali si dipana la precarietà cercando strumenti adatti a situazioni differenti.
Superati i pregiudizi, le classifiche, le strettoie burocratiche, le ripicche politiche, l’intesa è soprattutto un atto di sblocco politico, saranno poi gli strumenti normativi a definire i contorni e i dettagli dei singoli provvedimenti.
A superare la lontananza emotiva, e lo scetticismo, aiutano i passi che sono stati fatti – e la direzione seguita con coerenza – da settembre dello scorso anno fino a qualche giorno fa.
E’ solo facendo attenzione ai dettagli che si scopre che siamo stati i primi (unici) a rivendicare la necessità di una fase transitoria per il personale precario, l’introduzione di un concorso straordinario a loro dedicato, a manifestare il 20 di dicembre sotto la Prefettura a Roma, fino a tenere le fila del confronto nella notte lunga di Palazzo Chigi quando si parlava più delle presenze e delle assenze televisive che della trattativa in atto.
Qui di seguito una brevissima sintesi dell’intesa. Nei link la scheda con l’esame di dettaglio e un report flash di quanto messo a punto negli ultimi mesi, dalla manifestazione del 20 dicembre 2018, all’accordo di Palazzo Chigi, alla conferenza stampa del 6 agosto, fino a oggi
>>> L’intesa prevede la presentazione in Consiglio dei ministri di un decreto legge per bandire, contestualmente al concorso ordinario, un concorso straordinario per 24.000 posti nella scuola secondaria di primo e secondo grado riservato ai docenti che abbiano almeno tre anni di anzianità nella scuola secondaria, uno dei quali nella classe di concorso per la quale concorrono, è compreso anche il servizio su sostegno.
Il concorso prevederà una prova computer based che si supererà con un punteggio minimo punteggio di 7/10. Durante il periodo di prova i vincitori, 24.000, se non in possesso, dovranno acquisire i 24 Cfu con oneri a carico dello Stato. Il periodo di prova si concluderà con una prova finale orale (una simulazione di una lezione) valutativa, nella quale gli interessati dovranno dimostrare di saper condurre una lezione. Valuterà la prova il comitato di valutazione composto anche da un membro esterno. I docenti che non rientreranno nei 24.000 posti ma conseguiranno il punteggio minimo di 7/10, se titolari di un contratto almeno sino al 30 giugno, sosterranno una analoga prova orale abilitante. Anche in questo caso dovranno acquisire i 24 Cfu.
L’intesa prevede anche l’immissione dei vincitori del concorso 2016 e 2018, su base volontaria, in una Regione diversa rispetto a quella della graduatoria di appartenenza.
E’ previsto inoltre un bando di concorso per i DSGA facenti funzioni, con almeno tre anni di servizio nei precedenti otto. Tale graduatoria sarà utilizzata in subordine a quella del concorso ordinario.
Fa parte dell’intesa anche la predisposizione di un disegno di legge che disciplinerà i percorsi di formazione e abilitazione per il restante personale docente.