Quattro domande uguali per tutti per rispondere al personale della scuola.
Diplomati Magistrale. Dopo la sentenza gemella del CdS si attende la Cassazione il 12 marzo. Quale secondo il sindacato è la soluzione più idonea per le maestre?
A nostro parere, la magistratura del CdS, con la sentenza del 12 marzo ha messo una “pietra tombale” sulla strada dei ricorsi legali. Lascia aperta la questione, che resta, comunque, una grande incompiuta. Serve una soluzione politica, quella definita nel Decreto legge ‘Dignità’ lascia fuori molte maestre e di conseguenza crea problemi di funzionalità e di continuità didattica.
Proprio in questi giorni le mamme e i papà della provincia di Pavia hanno lanciato una petizione nella quale chiedono che le maestre dei loro figli possano (e debbano) continuare la loro attività. E’ la riprova che la comunità educante, reagisce alla burocrazia e alla politica incapace di dare risposte coerenti e riconosce il merito – quello vero – delle maestre a cui lo Stato ha riconosciuta pienezza e capacità professionale, avendole confermate in ruolo dopo un anno di formazione e prova.
Serve un emendamento al cosiddetto decretone su Quota 100 che integri e modifichi quello già presentato dal Sen. Pittoni, che mantenga in servizio queste maestre ovvero le ammetta direttamente al concorso riservato, nel caso non fossero in possesso dei tre anni di servizio.
Terza Fascia. Dopo le promesse del Senatore Pittoni ora si dà il contentino dei punti extra al concorso. Si poteva optare per una soluzione diversa per chi ha decenni di precariato alle spalle?
L’emendamento proposto dal Sen. Pittoni è un primo passo verso una soluzione politica transitoria che accompagni alla fase a regime dei nuovi concorsi. In questa fase transitoria devono trovare posto coloro che hanno 36 mesi di servizio, in modo che accedano ad una procedura concorsuale accelerata. Per poter trasformare i rispettivi contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Vogliamo evitare che siano nuovamente assunti con contratti precari per coprire i posti lasciati vuoti dai pensionamenti a cui si devono aggiungere quelli che già lo scorso anno non sono stati coperti.
Si tratta, complessivamente, di circa 67.000 posti, tenendo conto del normale turn-over e dei posti collegati a “quota 100”.
Emendamenti simili sono stati utilizzati per fare fronte alle assunzioni del personale della giustizia. Non si comprende il motivo per cui, in modo analogo, non sia possibile procedere allo stesso modo. Anche nella scuola dove il patrimonio di esperienza, come dimostra lo stesso emendamento Pittoni, viene riconosciuto.
Classi pollaio. Si torna a discutere alla Camera sull’annoso problema, ma a monte mancano le risorse finanziarie. E’ ancora il caso di parlarne?
Certamente sì. Il numero di alunni per classe è la base fondante di una buona scuola. Le risorse finanziarie – pare che siano state trovate – anche se possono finanziare la riduzione con gradualità. Se non si incomincia mai, non si arriverà mai a ripristinare la situazione quo ante la dura manovra finanziaria del Governo Berlusconi.
Autonomia scolastica. La regionalizzazione aumenta il divario tra Nord e Sud oppure la scuola è pronta alla tanto amata proposta del Governo?
Si tratta di una proposta irricevibile, almeno per la scuola.
Non ha alcun fondamento, né alcuna motivazione positiva. Non si tratta di divario territoriale, si tratta di mantenere una coscienza nazionale che si alimenta e si coltiva quotidianamente nelle scuole, al fine di realizzare, attraverso una politica nazionale di istruzione, il radicamento di quella identità culturale che inevitabilmente verrebbe dispersa dividendo il Paese.
Il Governo regionale non può dare garanzie di tutela dell’autonomia scolastica e della relativa libertà di insegnamento ed apprendimento che, invece, può e deve dare, per dettato costituzionale, la politica nazionale, che ne garantisce, contemporaneamente, la realizzazione tramite le sue scuole, istituite in ogni ordine e grado.