Intervista Di Elisabetta Tonni
Orizzontescuola – 11 novembre 2018 – l’intervista su OrizzonteScuola.it
Pino Turi, segretario Uil Scuola ha le idee chiare sull’ipotesi di regionalizzazione del sistema scolastico. E’ contrario e si batterà fino in fondo per mantenere l’integrità nazionale dell’istruzione, evitando che il personale, dai docenti agli amministrativi, diventi dipendente della Regione.
Proprio non le piace la scuola in mano alle Regioni?
Intanto c’è un limite giuridico invalicabile, quello dell’autonomia scolastica che dunque rimanda al concetto di unità del sistema scolastico.
In che senso? Lombardia e Veneto potrebbero regionalizzare le scuole con il successo al referendum sull’autonomia differenziata
La scuola non è una materia che può diventare oggetto di legislazione concorrente. Significherebbe spezzettare l’Italia. Questa proposta nasce soltanto dagli egoismi e da una ricerca del consenso. Più che di regionalizzazione parlerei di devolution ed è una devolution addirittura peggiore di quella architettata da Berlusconi e Tremonti.
Parla del referendum sul federalismo del 2001?
Esattamente, ma quella proposta li travolse. L’Italia non è una federazione, è una nazione unita. Dividere la scuola significa dividere l’Italia dal punto di vista culturale prima ancora che localistico. E’ una sciocchezza. Siamo totalmente contrari. Non è possibile delegare una materia così importante alle Regioni. Il sistema degenererebbe in tante scuole regionali con situazioni facilmente immaginabili.
Però questo Governo ha una maggioranza solida per approvare una legge.
Ma ha dimenticato di considerare i cittadini. Ci opporremo, organizzeremo dibattiti. La scuola statale di questo paese è al secondo posto nella fiducia degli italiani. Se nessuno ha sentito i cittadini, forse il Governo ‘pensa’ di interpretare il loro parere, ma non è detto che sia così. Vediamo se i cittadini vogliono dividere l’Italia e la scuola.
Forse ai cittadini che hanno eletto questi rappresentanti politici non dispiace la scuola regionale.
Mica è vero. Ho sentito molti esponenti del Movimento 5 Stelle esprimersi in modo contrario. A molti di loro questa cosa non piace proprio. E oltretutto non è neanche previsto dal contratto di Governo.
Come no? E’ il punto 20 del contratto di Governo.
Che c’entra? Lì si parla di aumentare in senso generale l’autonomia delle regioni, ma mica si parla esplicitamente di scuola. Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna vogliono ispirarsi al modello Trentino, regione a statuto speciale, dove si esclude la scuola nazionale tanto è vero che lì abbiamo un modello ibrido e la gente dopo 10 anni non ne può più e vorrebbe tornare indietro.
I docenti cosa ne pensano?
Il nostro sentore è che non vogliano diventare dipendenti della Regione. Abbiamo già l’esperienza della sanità; quando è diventata regionale è stato un disastro: situazioni di eccellenza e altre penose. La scuola non si può permettere di avere questi alti e bassi. Oltretutto c’è un limite, come dicevo prima che è quello proprio dell’autonomia scolastica. Se si parla di autonomia scolastica è perché la competenza è dello Stato. Fare a pezzi uno Stato è un’idea inaccettabile.
Al Nord c’è sempre bisogno di docenti. Ci sarebbero occasioni di lavoro
Le cattedre vuote non si colmano con la regionalizzazione. Adesso vengono assegnate ai docenti del Sud disposti a spostarsi nel Nord, anche nella speranza di rientrare. Ma con la regionalizzazione, nel momento in cui ci si sposta al Nord vuol dire rimanere lì tutta la vita! Questo sistema impedisce la mobilità. Ci sarebbe uno sconvolgimento del paese. Sentiamo prima gli italiani e vediamo cosa ci dicono.
In Veneto il progetto è avanzato: manca solo la contrattazione fra le parti.
Ripeto: non si può dividere la scuola. Serve solidarietà a livello nazionale. Il governatore Zaia non può dire “aiutateci”, facendo appello a tutta la nazione solo quando ha bisogno. Il sostegno deve essere costante e su tutti i fronti.
Ma se il Veneto avviasse questo decentramento, potrebbe diventare un precedente con effetto domino sulle altre regioni?
Una regione non può decidere da sola quello che vuole e quello che non vuole. Serve un Parlamento che decida. Siamo uno Stato unitario; tutti hanno bisogno dello Stato, sia i ricchi, sia i poveri. Questi egoismi non portano a nulla, prova ne sia proprio tutto quello che è successo al nord con le alluvioni che ora dobbiamo aiutare. La scuola, a differenza dell’economia, ha questo compito: mettere assieme tutti, quelli più favoriti e quelli meno favoriti. La scuola deve assicurare il livello massimo dell’integrazione e consentire a tutti un livello di istruzione che faccia diventare cittadini quegli alunni. Se il cittadino conosce, può votare, altrimenti vota con la pancia. L’istruzione è l’unico antidoto a questa deriva egoistica che si registra soprattutto in questo momento storico. Ma è un momento e come tutti i momenti storici passerà. La scuola deve essere qualcosa per l’oggi, per il domani e per il futuro.