«Negli anni ’80 il sindacato, con l’accordo sulle 150 ore, portava gli operai a scuola. Ora le ideologie neo liberiste stanno abbagliando una classe dirigente incerta, stordita da una società in crisi, che si illude di superla, portando gli studenti in fabbrica» – così il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, nel corso della manifestazione in atto a Bari.
I temi forti del suo intervento sono quelli dell’investimento in istruzione, che non c’è, del valore da dare al lavoro che si fa a scuola, che resta a margine delle politiche del governo, e della precarietà, ancora troppo diffusa nel sistema scolastico.
«C’è una norma che non è stata messa nella legge di Bilancio, dove pure di precariato si parla, per farci su qualche risparmio» – osserva Turi – «ed è la eliminazione del doppio organico , l’eliminazione dell’organico di fatto, per non creare altri precari».
«Arriviamo a questo appuntamento con un situazione economica e sociale molto degradata» – aggiunge Turi, guardando al contesto macroeconomico – «le prime mosse del governo gialloverde, le manovre in deficit di natura keynesiana, puntano essenzialmente al contingente, senza una visione ed una prospettiva di più lungo termine».
«Privato è bello, pubblico è brutto: è il ritornello di questi anni. Falso paradigma che lambisce anche le funzioni dello Stato come l’istruzione, su cui sembra lanciata un’OPA da parte delle regioni del Nord che vorrebbero risorse e competenze, salvo poi, accorgersi – in momenti difficili e cruciali come quelli di questi giorni, ricorda Turi – che tutti hanno bisogno della solidarietà dello Stato. Non si possono svendere beni essenziali, né rivendicarne la titolarità solo quando proficua».
«Un paese è tale se è solidale, ed ognuno ha bisogno del supporto politico ed economico e culturale dello Stato. E’ questo il senso profondo che sottende il ruolo del nostro sistema di istruzione nazionale: la scuola ha unito l’Italia».
«Le esternazioni del Ministro Bussetti, in tema di maggiore autonomia in ambito scolastico da concedere alle regioni – Emilia Romagna, Friuli e Lombardia – riportano alla mente le posizioni dei ministri Tremonti – Gelmini (nel Governo Berlusconi) che quei propositi di secessione tentarono di imporre all’inizio del terzo millennio».
«Un Governo che volle perseguire la via della devolution, approvò anche una legge di modifica della Costituzione che i cittadini bocciarono in un referendum. La storia insegna».