Spostare verso le regioni il baricentro del’istruzione produce un doppio danno alla scuola e allo Stato.
Si può immaginare una libertà solo regionale? E un esercito regionale? Forze dell’ordine regionali? Si può pensare ad un insegnante regionalizzato? Paradossi che non ci va nemmeno di immaginare.
Così il segretario generale della Uil Scuola Pino Turi in merito alla disegno di legge regionale proposto dal Friuli Venezia giulia.
Una spinta verso la regionalizzazione che per la Uil Scuola rappresenta “un doppio danno perché vorrebbe sottrarre risorse allo Stato per destinarle alle scuole private che, invece, dovrebbero funzionare, senza oneri per lo Stato e soprattutto perché introduce una logica regionale nel sistema di istruzione italiano che è nazionale. Il punto è proprio questo, l’istruzione fa parte dei diritti universali che vanno garantiti a tutti”.
La Costituzione affida alla scuola una funzione fondamentale – si legge nell’intervista pubblicata oggi su Tecnica della scuola – ora per logiche di stampo localistico e settoriale anche di natura economica, si cerca di portare la scuola a livello di servizio a domanda individualizzata, con l’idea dei costi standard. Questo è per noi inaccettabile.
Immaginare una riduzione a sistema regionale significherebbe limitare dentro dei recinti territoriali la libertà di una istituzione costituzionale che deve garantire un insegnamento libero, riconoscendo ad ogni singolo insegnante, al di là di dove viva e insegni, la libertà di insegnamento e la libera circolazione nell’intero territorio nazionale; libertà che potrebbe essere limitata dalle competenze esclusive delle singole regioni. Venti sistemi scolastici che potrebbero no dialogare tra loro. E’ un rischio che va tenuto n debito conto, sarà il prossimo Governo a doversene fare carico.