Secondo il rapporto annuale dell’Ocse, l’ambiente socio-economico è fattore preminente, sia sul rendimento scolastico che sulla prosecuzione degli studi; Il livello culturale è associato a livelli di benessere sia lavorativo che retributivo. Un fenomeno tende a radicalizzarsi creando ed allargando la forbice tra sociale tra gli studenti di famiglie agiate e quelli di famiglia povere.
L’incidenza del fattore economico vale anche per l’Italia – sottolinea Pino Turi, segretario generale della Uil scuola. Nel nostro Paese la crisi è stata scaricata, in termini di minori risorse, sull’istruzione e sul personale. Abbiamo retribuzioni tra le più basse e una spesa pubblica che ha risparmiato soprattutto attraverso i tagli al sistema dell’istruzione statale.
Il risultato di scelte di politica generale, più piegata verso la ricerca di facili consensi elettorali, piuttosto che interessata ad interventi per restituire ruolo e funzioni al sistema scolastico, ha condotto ad un sistema dove il prestigio sociale della professione docente è sempre più messo in discussione, dove si registra una emorragia di frequenza, di calo di credibilità, di carenza strutturale dell’edilizia scolastica.
Poca meraviglia dunque – aggiunge Turi – per i dati presentati dell’Osce. E’ evidente non si fanno le nozze con i fichi secchi e che occorre invertire la tendenza negli investimenti in istruzione.
Si tratta di condividere una politica di integrazione e scolarizzazione che rappresenta l’unico strumento che può bloccare le derive regressive in atto e favorire quella che deve essere una battaglia di tutti: tornare ad investire sul futuro e l’istruzione. Rimettere in moto l’ascensore sociale che negli anni passati ha portato benessere e coesione.
La strada che suggeriamo – rilancia Turi – è quella di considerare le spese per l’istruzione nelle spese per investimenti e non nelle spese correnti. Una scelta che appare ormai ineludibile.
Ancora una volta assistiamo a vecchie proposte e ricette: scambio tra retribuzioni e assunzioni; le supplenze per le ore residue, in una sorta di grande contratto di solidarietà.
Serve invece riconoscere, anche economicamente, la delicata funzione didattica svolta dagli insegnanti che debbono avere la possibilità di veder riconosciuta la loro professionalità senza dover guardare ad altre figure professionali.
Bisogna ridare alla scuola la dignità che merita per svolgere efficacemente la funzione di volano di sviluppo socio economico del paese.
La scelta sociale da percorrere – aggiunte Turi – è quella che si allontana dai modelli finanziari neo liberisti e che, invece, punta sulla scuola come funzione dello Stato, per tutti. Una risposta responsabile agli estremismi, alla separazione, alla recrudescenza di una divisione sociale sempre più marcata, per ritornare ai valori contenuti nella nostra costituzione e nelle costituzioni dei paesi democratici.