Scuola, carenza di presidi e caos pensionamenti: si annuncia un avvio faticoso
di SALVO INTRAVAIA08 Luglio 2018
Mancano dirigenti e segretari. E sui “collocamenti a riposo” pesa il passaggio della gestione all’Inps. Il ministro Bussetti: “Già avviato un tavolo di confronto per velocizzare”
ROMA. A settembre l’avvio dell’anno scolastico si preannuncia in salita. Perché mancano dirigenti scolastici e segretari (ora Direttori dei servizi amministrativi). E sul pensionamento di migliaia di insegnanti vige la più assoluta incertezza per via del passaggio di competenze dagli Uffici scolastici regionali all’Inps, che in parecchi casi non ha dato il via libera. Se ciò non accadrà entro il 31 agosto, il caos è servito. E, a completare il tutto, resta in piedi anche la questione dei diplomati magistrali: se il governo non porrà rimedio attraverso un provvedimento di legge, 5mila maestre assunte in ruolo verranno retrocesse a supplenti.
In cerca di Dirigenti scolastici. Secondo le prime stime dell’Associazione nazionale dei presidi (Anp), a settembre sarà necessario nominare ben 2.150 capi d’istituto reggenti: che, oltre a gestire la propria scuola, se ne accollano un’altra per un anno. Si tratta, tra sedi lasciate libere dai pensionamenti e scuole sottodimensionate perché con pochi alunni, di oltre un quarto delle 8mila e 500 scuole del Paese. Questo vuol dire che, essendo appena 6mila e 400 i capi d’istituto in servizio, uno su tre dovrà accettare una reggenza e oltre metà degli istituti italiani dovrà dividere un preside in condominio.
Il concorso è appena iniziato e probabilmente non potrà essere terminato per il mese di agosto 2019. E tra un anno la scuola dovrà fare probabilmente in conti con altri 400/500 pensionamenti. La situazione è particolarmente pesante in alcune regioni: Emilia-Romagna, Liguria, Veneto. Dove le reggenze toccano quota 40 per cento e i presidi sono costretti a fare i salti mortali per garantire una guida a tutte le istituzioni scolastiche presenti nella regione.
Segretari funamboli. Se i presidi sono pochi, i direttori dei servizi sono ancora meno. E mentre per i primi il concorso è partito, per i secondi se ne parla da anni ma ancora nessun bando. Le scuole da gestire sono sempre 8mila e 500 circa ma i segretari che dovranno sobbarcarsi il doppio lavoro saranno 2mila e 400. Un numero mai visto prima, che rischia di incidere negativamente sulla gestione delle segreterie scolastiche, da anni oggetto di un superlavoro e con sempre meno impiegati, tagliati brutalmente dalla riforma Gelmini che si liberò in pochi anni di 47mila figure.
Pensionamenti in forse. In questi giorni, sono migliaia i docenti che agognano la pensione ma che vivono col fiato sospeso perché l’Inps non ha ancora validato le loro richieste. È la storia di M.C., professoressa di matematica e scienze in una scuola media di Roma, che dall’alto dei suoi 41 anni e dieci mesi di servizio se ne vede riconosciuti appena 29 e 4 mesi dall’Inps. Perché il provveditorato competente non avrebbe ancora inviato tutti i documenti attestanti il servizio. E con 29 anni non si può andare di certo in pensione.
“Da quest’anno – spiega Pino Turi, segretario generale della Uil scuola – la competenza è passata dagli uffici scolastici regionali all’Inps, ma non sempre la comunicazione è stata efficace”.
Cosa potrebbe accadere a settembre? “Il ministero dell’Istruzione ha già collocato a riposo 25mila docenti e quasi 8mila Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) e se per un certo numeri di questi non arriverà l’ok dell’Inps si rischia il caos”. Perché il Miur, attraverso i trasferimenti ha già collocato sui posti ritenuti liberi per pensionamenti altrettanti docenti e Ata, ma se questi non potranno andare in pensione dovranno riavere il proprio posto e, a ritroso, occorrerà modificare centinaia di trasferimenti. “Al momento – aggiunge Turi – sono migliaia i docenti nel limbo. Il fatto è che nel trasferimento delle competenze non è stata prevista una fase transitoria, inoltre nessuno si rende conto che la scuola è complessa e ha le sue specificità”.
Ma dal Ministero rassicurano. “E’ già stato predisposto un tavolo Miur-Inps e velocizzeremo il dialogo tra uffici territoriali del Miur e dell’Ente previdenziale e far parlare tra loro i rispettivi sistemi informativi, agevolando l’inserimento e il reperimento di quelle informazioni che consentono di accertare il diritto alla pensione del personale docente”, ha assicurato il ministro della Pubblica istruzione Marco Bussetti. In questa prima fase, l’attenzione del tavolo è rivolta principalmente a quei docenti che hanno incontrato difficoltà nella ricostruzione della carriera e per i quali è stata registrata una non coincidenza tra il servizio prestato negli anni Settanta e Ottanta come supplenti e quello risultante dagli archivi Inps.
La questione dei diplomati magistrali. “Il governo si è impegnato a risolvere il problema. Ma finora ha preso tempo in attesa di provvedimenti più efficaci. Le maestre col diploma magistrale immesse in ruolo a seguito dell’inserimento nelle liste provinciali dei precari, in virtù di specifici provvedimenti dei tribunali, che rischiano di essere licenziate sono circa 5mila. Per loro, ormai assunte a tempo indeterminato da un anno o più, il governo ha inserito nel Decreto dignità un comma che prevede, anche di fronte a sentenze sfavorevoli, che la situazione venga bloccata per 120 giorni: quattro mesi. Intanto, le prime sentenze sono arrivate e sono chiare: licenziamento perché il possesso del semplice diploma magistrale non dà accesso alle graduatorie dei precari, da cui si reclutano metà dei nuovi assunti. E’ il caso di Salerno, dove una docente di scuola elementare, C.I., è stata oggetto di una sentenza sfavorevole. E sarà certamente licenziata se non interverranno novità entro il mese di novembre. E con lei altre 5mila.