La denuncia della Uil: nella parte economica, di per sé insufficiente, guerra sulle cifre messa in piedi dalla solita burocrazia che usa i numeri per fare politica. Chi ha di più avrà maggiori incrementi. Ciò è intollerabile. Dopo un anno di rinvii il contratto scuola va firmato rispettando i patti.
E’ trascorso un anno dall’accordo del 30 novembre in cui governo e sindacati hanno deciso il rinnovo dei contratti pubblici e fissato i paletti su cui rinnovarli. In quell’accordo – ricorda il segretario generale della Uil scuola, Pino Turi – il Governo Renzi si impegnava, nero su bianco, a rinnovare i contratti e restituire alla contrattazione ciò che la legge Brunetta e la 107 avevano sottratto ai lavoratori
Ci è voluto un anno, un tempo infinito per un contratto fermo da dieci anni, per arrivare all’apertura all’Aran dei contratti stessi ed ancora non si vede la luce.
Per la parte economica, di per sé insufficiente, assistiamo alla guerra sui numeri messa in piedi dalla solita burocrazia arrogante che usa i numeri per fare politica.
A noi i conti non tornano: trasformare in percentuale l’aumento medio degli 85 euro, indistintamente su tutti i comparti – fa notare Turi – avvantaggia i comparti con le retribuzioni più elevate, in contrasto con l’accordo del 30 novembre che prevede la riduzione della forbice retributiva e la valorizzazione dei livelli retributivi che più hanno sofferto la crisi economica ed il blocco della contrattazione che, come è noto comprendono la scuola che rappresenta il fanalino di coda nelle retribuzioni dei dipendenti pubblici.
In pratica la piramide rimane ben salda, con base ampia di chi continua a pagare e stretta di chi ci guadagna ancora di più.
Ora nessuno può pensare che gli 85 euro possano rappresentare il recupero di ciò che è stato sottratto dai governi in questi dieci anni – aggiunge Turi – ma pensare di ridurlo ancora, equivale ad una provocazione per il personale della scuola a cui non potremo che rispondere adeguatamente con azioni di mobilitazione.
La questione retributiva, fa il pari con quella giuridica – mette in chiaro il segretario Uil Scuola – se si pensa che, anche per le relazioni sindacali, si pongono problemi sul recupero della contrattazione in luogo della legge. E’ legittimo pensare – continua – che gli interessi di potere di questo paese sono sempre in movimento per arginare la crescita di consenso dei sindacati che si cerca di mortificare per spianare la strada al pensiero unico e alla voglia di privatizzazione della cosa pubblica.
Su questi temi, importanti e cruciali per una categoria duramente messa alla prova in questi anni, le forze politiche ormai in campagna elettorale, dovranno confrontarsi, dovranno considerarali nei loro programmi. Nessuno può pensare di farlo – commenta Turi – senza aver firmato un contratto bloccato da dieci anni.
Un rinnovo atteso e necessario per il quale ci vuole la firma dei sindacati di categoria.
Cosa non scontata, se non si rispetta la lettera e la sostanza dell’accordo del 30 novembre.
Ci aspettiamo che il Governo non si faccia condizionare da calcoli elettoralistici e sia con noi nella definizione di un contratto che deve servire per ridare fiducia e dignità al lavoro che si fa ogni giorno nelle scuole italiane, che rappresentano un valore per il Paese ed un riferimento per i cittadini.