Turi: «Il Paese ha bisogno di continue azioni di verità per riconquistare quel consenso pieno e partecipato che ha messo pesantemente in crisi l’intero sistema democratico. Partire dalla scuola è opera assolutamente utile e necessaria».
Non appena la politica militante va in vacanza, scatta, con precisione millimetrica, la campagna di contro informazione sulla scuola.
Ci sono quelli che considerano l’assunzione di 50.000 docenti come un duro colpo per le casse dell’erario: il numero degli insegnati come eccessivo, ed è per questo banale motivo, che le loro paghe sono miserevoli; la scuola un ammortizzatore sociale e chi uno stipendificio.
C’è chi ritiene che il sistema scolastico debba riconoscere a studenti e famiglie la più ampia libertà di scelta e per questo considera necessario finanziare le scuole private, meglio paritarie, che si comportano come privati.
Chi considera che gli stipendi del personale della scuola siano insufficienti, quasi da fame, e che andrebbero portati al livello degli accademici; del resto fanno lo stesso mestiere. Quelli che dettano i compiti e dicono cosa la scuola debba fare, e qui l’elenco diventa interminabile: dal trovare un lavoro alla inclusione, per finire ad ogni azione educativa che sia alimentare o legale poco importa. È la scuola che ci deve pensare!
Tutte opinioni legittime – mette in chiaro il segretario della Uil Scuola, Pino Turi – ma questa attività prende forti accelerazioni alla vigilia del rinnovo del contratto che è chiamato a fare scelte che gli competono in termini di status, diritti e retribuzione.
Per questo è necessario fare il punto della situazione, a partire dall’eliminazione dei tanti luoghi comuni e delle vere e proprie bufale (più modernamente fake news). Allora, cerchiamo di fare chiarezza e di procedere con ordine:
1) Non è vero che c’è la grande infornata di docenti ed ATA: la legge 107 /2015, al di là della propaganda, ha assunto, oltre le dotazioni di organico, meno di 50.000 docenti. Questo dopo che il famigerato duo Tremonti – Gelmini, ne aveva tagliato oltre 150.000. Il contingente di quest’anno (52.000 per l’esattezza) non è altro che il risultato dei posti lasciati vacanti dai pensionamenti e i 15.000 passati dall’ organico di fatto a quello di diritto. Per cui, i tanti ‘ragionieri dello Stato’ non hanno nulla da temere: non c’è alcun aggravo per l’erario, anzi, vanno in pensione più docenti, con uno stipendio maggiore, di quelli neo-assunti.
2) Esiste una vera e propria emergenza stipendiale che coinvolge tutto il comparto e, per rendersene conto non servono paragoni con l’Europa, ne sono conviti tutti: dalla Ragioneria dello Stato, che non è tenera con i dipendenti pubblici, fino all’OCSE.
3) È presente in maniera massiccia, anche nel nostro Paese, il pensiero unico di carattere neo liberista che pretende di dare risposte sui valori di riferimento che lo sostengono, in ogni ambito, non solo produttivo, ma anche sociale: individualismo, competizione, ricerca del profitto senza verificare né la fattibilità, né le eventuali diseconomie esterne, il mercato come unico regolatore che produce la riduzione dei diritti dei lavoratori; la privatizzazione intesa come metodo per accaparrarsi fette di denaro pubblico.
È chiaro che con questi presupposti sia quantomeno difficile approcciarsi al rinnovo di un contratto bloccato da oltre otto anni. Occorre ribaltare le logiche che ci hanno portato fin qui e porre alla base della discussione i nostri valori, che sono quelli che ritroviamo nella nostra Costituzione, e che per un settore strategico come quello dell’istruzione, sono quelli di riferimento e non sono omologabili ad altri settori e servizi anche statali.
Con l’apertura del confronto per rinnovare il contratto finalmente si uscirà dalla propaganda e si faranno le scelte in una sede di discussione pubblica e trasparente. Non ci illudiamo che la propaganda si astenga dal continuo pressing mediatico, ma questo si dovrà scontrare con la realtà, una realtà con cui è chiamato a fare i conti anche il sindacato.
Per parte nostra, ribadiremo e riaffermeremo, innanzitutto, i nostri valori di riferimento: solidarietà, cooperazione, collegialità, libertà d’insegnamento, pluralismo professionale, libertà di espressione individuale e collettiva, autonomia, intesa come autogoverno di una comunità democratica e partecipata da tutte le componenti scolastica: docenti, ATA, dirigenti scolastici, genitori alunni.
Rimane, poi, il tema cruciale del reperimento delle risorse finanziarie. Compito, questo, che spetta alla politica, al governo, per cui, invece di inseguire fatui consensi con la macchina della propaganda, si faccia parte diligente per trovare le risorse aggiuntive agli 85 euro che sono la base da cui parte il rinnovo del contratto, reso possibile dall’accordo del 30 novembre 2016.
Il Paese ha bisogno di continue azioni di verità per riconquistare quel consenso pieno e partecipato che ha messo pesantemente in crisi l’intero sistema democratico. Partire dalla scuola è opera assolutamente utile e necessaria.