Uil: tutte le attività formative perdono di senso se l’autonomia professionale viene limitata, se la libertà viene contratta, se il giudizio personale viene imbavagliato.
La conferenza di presentazione del piano nazionale sulla formazione ha evidenziato alcuni punti salienti su cui da tempo la UIL scuola punta l’attenzione.
I buoni insegnanti conoscono bene ciò che insegnano, spendono passione per coinvolgere gli studenti, sanno lavorare in team e collaborano con le altre scuole e con le famiglie.
Necessitano per questo di misure continue di sostegno per lo sviluppo professionale, che partendo dalla formazione iniziale prima, il reclutamento poi traguardi la valorizzazione del contributo di ognuno alla comunità professionale di appartenenza e attraverso questa alla comunità educante nel suo complesso.
Tutte le attività formative perdono di senso se l’autonomia professionale viene limitata, se la libertà viene contratta, se il giudizio personale viene imbavagliato.
Lo hanno dimostrato a suon di slide e di interventi nella lingua di Albione, gli esperti internazionali tutti concordi nell’identificare nell’autonomia scolastica, nella carriera e nello sviluppo professionale le reali opportunità di crescita anche per migliorare i livelli di apprendimento degli studenti.
Ci viene da notare però che proprio in concomitanza con l’attuazione dei principi generali della legge 107 questi valori risultino fortemente depauperati, l’obbligo viene scambiato con un numero di ore definito, da realizzarsi all’interno di una progettazione di ambito territoriale scolastico, che risponde ad una dimensione amministrativa e non culturale, caratterizzato da adempimenti burocratici, (registrazione degli sviluppi di processo, documentazione dei percorsi, rendicontazione sulle ricadute didattiche) che tolgono tempo e risorse proprio alla cura della relazione educativa, orientato verso l’esterno, rivolto ad agenzie formative che, nella nostra esperienza, non hanno garantito reali capacità di confronto con il mondo scolastico.
Per un’efficace formazione in servizio, bisogna tenere conto dei diritti dei lavoratori oltre che dei loro doveri, superare approcci ideologici, liberarli da fini diversi da quelli prettamente professionali, contrastare la demotivazione, quale risposta ad un obbligo freddamente calato dall’alto, che abbiamo conosciuto e già soppresso per gli esiti fallimentari.
La formazione imposta e decisa unilateralmente è solo uno spreco di risorse che servono solo ai relatori e, giammai ai fruitori.
La sede del rinnovo contrattuale che faccia sintesi di tutti gli elementi propri della professionalità e della specifica funzione professionale è quella più indicata; non può una legge intervenire a gamba tesa su tale materia prefigurando nuovi carichi di lavoro già pesanti.
Più interessante, e da ampliare, è la scommessa che delinei, attraverso la formazione una carriera professionale fondata sulla esperienza lavorativa e sulla formazione continua, da mettere a punto anche con un uso più saggio e funzionale dei finanziamenti disponibili.
Una seria ed attenta riflessione è necessaria, lasciando nel frattempo che la formazione venga regolamentata ancora secondo il principio della attività funzionale all’insegnamento, e del relativo monte ore annuo.