La legge sulla scuola, anche ad agosto, mese mediaticamente particolare, è riuscita ad alimentare le polemiche. Proprio nel periodo in cui si effettuano le azioni propedeutiche all’avvio del nuovo anno scolastico, quando si incrociano la vita dei lavoratori per effetto di una legge mai metabolizzata e profondamente avversata non solo dal mondo scolastico, ma anche da larga parte del Paese.
Legge divisiva quella della “buona scuola”, che continua ad animare un dibattito tra fautori e oppositori, in una sorta di acceso match che coinvolge politici, opinionisti e giornalisti. Alcuni di questi, con l’arma della comunicazione “estrema”, sono arrivati addirittura all’offesa dei docenti meridionali (trattati come minus), denigrati e messi in ridicolo nel miserevole tentativo di lucrare un po’ di consenso all’esterno della scuola.
Non lieve il danno politico e sociale assestato, tanto che il Sottosegretario Faraone, da uomo del Sud, dalle colonne dell’Unità, tenta di raccontare la sua “verità sulla scuola”. Lo fa con toni sorprendentemente pacati e concilianti, ma parziali, sfiorando il vero problema del disagio che attraversa la scuola, tacciando certi sindacati e sindacalisti di inseguire le emergenze (tutto sommato un’ammissione del fatto che i problemi esistono e incidono sulla vita delle persone).
Del resto le emergenze attuali sono state prodotte dalla vistose lacune della legge stessa; ha pesato l’unilateralismo delle decisioni e l’assenza di confronto, ma l’errore principale, non ci stancheremo mai di dirlo, è quello di non avere considerato le persone e il mondo reale in cui le stesse vivono ed operano. Ha prevalso l’idea di maturare le decisioni chiudendosi nel mondo virtuale di una politica troppo incline ai proclami. In questo senso abbiamo sempre rivendicato per la scuola un ruolo di grande indipendenza che la tenesse al riparo dagli scontri politici, nella considerazione che la stessa deve essere ritenuta bene comune, di rango costituzionale, così come la intendeva Piero Calamandrei.
Al Sottosegretario Faraone che chiede, retoricamente, se il sindacato stesso non sia responsabile di tali condizionamenti, posso affermare con certezza che noi svolgiamo il ruolo proprio della rappresentanza sindacale, che si sostanzia nelle azioni di tutela dei lavoratori che rappresentiamo. In questa ottica, nel merito delle scelte, abbiamo giudicato negativamente la 107, cercando ostinatamente il confronto per modificarla ma, nel fare questa azione non abbiamo pensato solo agli insegnanti neo immessi in ruolo.
L’orizzonte valutativo ha riguardato il complesso dell’istituzione scuola, abbiamo utilizzato, sempre, una lente inclusiva che si rivolgesse anche ai dimenticati dalla politica e che, invece, sono l’architrave della scuola pubblica italiana. A tutti quelli che consentono di aprire le scuole a settembre e chiuderle a giugno, a quelli che stanno svolgendo le prove di esame dei concorsi e che stanno consentendo di espletarli. Si sa che la gratitudine è sentimento sempre meno diffuso, ma denigrare e, peggio ancora, offendere, e non mi riferisco solo agli insegnanti meridionali che oggi chiedono chiarezza e tutele, diritti e non assistenza, lede pesantemente quel prestigio e quell’autorevolezza necessarie per chi va in cattedra.
È in classe che si svolge il delicato rapporto educativo tra docenti e discenti, fatto sì di competenze, ma che non possono prescindere dalla passione e dalle motivazioni che non devono essere condizionate dal “timore” di essere valutati, puniti, scelti, addirittura licenziati, piuttosto che valorizzati e sostenuti da alti ideali.
Questa è la strada da seguire per correggere la riforma.
Se il patto a cui si riferisce il Sottosegretario Faraone recepisce questa impostazione, siamo pronti a riprendere il confronto laddove si è interrotto: la trattativa sul passaggio dei docenti dall’ambito alla scuola. Se avessimo completato quell’accordo, già definito al 90%, avremmo evitato il fallimento a cui stiamo assistendo e non penso solo ai casi patologici di questi giorni, ma anche a quelli che stanno determinando danni enormi in termini di motivazioni.
Stiamo assistendo alla discriminazione delle giovani donne che potrebbero assentarsi per la nascita e per la crescita dei figli e che, invece, vengono assurdamente discriminate Un ritorno ad un passato buio che credevamo superato.
Sono certo che il Sottosegretario Faraone che bene conosce i limiti del sistema, e che con noi li voleva superare, vorrà riconsiderare le posizioni di chi ha ribaltato il tavolo contrattuale. Certo esiste ed è evidente un problema di prospettiva e di metodo, prima di natura politica e successivamente di rapporti con il sindacato. Dai primi pronunciamenti della magistratura emergono già i limiti e le forzature di questa legge che ha bisogno di rientrare nell’alveo dei principi dell’ordinamento, ma questo compete alla politica non ai giudici.
Se il patto che propone Faraone è tornare alla Costituzione e alla contrattazione, noi siamo pronti, vorremmo sapere se la stessa cosa vale per lui e per il Governo di cui fa parte. “La discussione pubblica è la linfa della democrazia. Il confronto trasparente su opzioni diverse riduce l’incertezza anziché aumentarla, a meno che non si pensi che le decisioni possono essere prese la sera prima da quattro tecnocrati chiusi in una stanza”[1].
Tra i propositi di Faraone e le aperture al dialogo di Nannicini, si profila uno spazio di dialogo: il sindacato ne prende atto ed è pronto a riprendere il confronto.
Pino Turi
Segretario Generale UIL Scuola
[1] Corriere della Sera del 12 agosto 2016, pag.13 – “intervista al Sottosegretario Nannicini” di Enrico Marro