La scuola non è burocrazia. Per supportare i dirigenti cominciamo a rafforzare le segreterie.
Il problema del contenzioso relativo al concorso dei dirigenti scolastici merita un’attenta riflessione, sia per coloro che sono in attesa di conoscere le determinazioni giurisdizionali, sia per coloro che hanno denunciato le gravi irregolarità – è questo il punto su cui rivolge l’attenzione il segretario generale della Uil Scuola Rua, Giuseppe D’Aprile, durante la riunione con il ministro Valditara.
Una questione emersa in tutta la sua complessità, le cui indagini giudiziarie stanno portando anche al coinvolgimento delle commissioni giudicatrici.
Un concorso nato male e finito peggio – osserva D’Aprile – il personale interessato dovrà avere una risposta necessariamente politica che ridia equità e affidabilità al sistema di reclutamento che non può essere delegato, come sempre e puntualmente, alla magistratura di questo paese. Al centro dell’incontro – al quale ha partecipato la responsabile nazionale del Dipartimento dell’Area V, Rosa Cirillo – le responsabilità del dirigente scolastico che continuano ad aumentare negli anni così come sono aumentati i compiti che l’amministrazione scolastica e le amministrazioni pubbliche hanno riversato sulle scuole, pur in presenza di carenza di personale nelle segreterie scolastiche.
Su un piano più generale gran parte del tempo, il 30%, speso dai Dirigenti scolastici – mette in evidenza D’Aprile – è rivolto ad assolvere adempimenti di carattere burocratico, per il 21% di carattere manageriale e solo per il 16% è impegnato in attività educativo/didattiche. Un forte sbilanciamento sulla parte amministrativa a discapito della parte didattica.
E allora, se vogliamo supportare davvero i dirigenti scolastici – sottolinea il segretario generale Uil Scuola Rua – sarebbe necessario, inoltre, aumentare l’organico del personale ATA, la cui carenza pone le scuole in affanno e, inevitabilmente, coinvolge i capi di istituto a ulteriori carichi di responsabilità.
Rosa Cirillo: “Semplificare e sburocratizzare dovrebbero essere le parole d’ordine, ma con questa Legge di Bilancio si fa cassa dai risparmi ottenuti, non si è messo mano a risolvere molte criticità che affliggono l’autonomia scolastica”.
Lo scenario proposto dalla Legge di Bilancio approvata in Consiglio dei ministri il 21 novembre non è dei migliori, anzi peggiora con un taglio di 700/1000 scuole in un triennio.
«Le Regioni sulla base dei parametri individuati da decreto provvedono autonomamente (…) ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità derivanti dalle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da minoranze linguistiche».
Ciò significa che molte Regioni oggi già in sofferenza e che registrano casi di dispersione scolastica con conseguente abbandono della scuola, vedrebbero chiuse molte scuole.
Senza questo ulteriore taglio lineare, già oggi registriamo un affollamento di alunni per classi, addirittura pluriclassi costituite con 18 alunni, istituzioni scolastiche con numerose sedi e plessi, più comuni, più complessità e maggiormente in quei territori in sofferenza che la legge di bilancio, pur affermando di voler salvaguardare, di fatto penalizza ulteriormente.
Perché non approfittare del fenomeno della forte denatalità e dell’abbandono di molti territori del sud, causa mancanza di lavoro, per supportare le scuole, attenzionando gli alunni fragili, di territori che non offrendo opportunità economiche e sociali, almeno possono offrire la frequenza di scuole vicino al loro luogo di residenza, in modo che per questi ragazzi la scuola possa essere quello spazio sociale e simultaneamente anche fisico?
La Legge di Bilancio, ancora, recita «prevedendo forme di compensazioni interregionale». Davvero la politica pensa che fra regioni diverse possa avvenire una compensazione che aiuti le scuole disagiate, le scuole di periferia frequentate da alunni di famiglie non abbienti? La Costituzione prevede l’eliminazione delle disuguaglianze di ogni tipo, noi così facendo, le stiamo accentuando.
L’anno scorso siamo arrivati con fatica alla conversione in legge del DL 36/22 che stabilisce di considerare anche le scuole normo-dimensionate in deroga per legge di bilancio, nel calcolo del 60% dei posti disponibili per la mobilità interregionale dei dirigenti scolastici. Un passo avanti, accolto con soddisfazione.
Sperare di partecipare alla mobilità interregionale, per i dirigenti scolastici che l’anno scorso non ci sono riusciti, con il 60% di posti azzerati, con questa legge di bilancio è impossibile. Oggi, di fatto si cancellano circa mille autonomie, aumentando la complessità delle altre, soprattutto per i molti dirigenti scolastici in servizio fuori sede: non potranno più sperare di rientrare nella propria regione. Dopo aver fatto faticosamente un passo avanti ne facciamo dieci indietro.
Tornare nelle regioni di appartenenza dopo due concorsi quello del 2011 e del 2017, noti per il record di ricorsi, sarà una lontana chimera. E tutto questo dopo che più di una sentenza ha stabilito che la procedura concorsuale non è stata trasparente, danneggiando tutti coloro che vi hanno partecipato e vieppiù i vincitori.
In passato casi identici sono stati risolti con una sanatoria ope legis, oggi non lo si è voluto fare, ma almeno non danneggiamo ulteriormente i dirigenti scolastici in servizio.
Semplificare e sburocratizzare dovrebbero essere le parole d’ordine, ma con questa Legge di Bilancio si fa cassa dai risparmi ottenuti, non si è messo mano a risolvere molte criticità che affliggono l’autonomia scolastica.
Il profilo della dirigenza scolastica ha subito un progressivo appesantimento di oneri burocratici di compiti impropri ai compiti di istruzione e formazione affidati alle scuole, gli “istituti e delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative” sono state assimilate alle “amministrazioni pubbliche” (art 1, comma 2 del D.lgs. 165/2001), con la conseguente applicazione alle scuole di norme e provvedimenti pensati per Comuni, Regioni, Camere di Commercio, organizzazioni di ben diversa forza amministrativa .
Noi crediamo in una dirigenza riferimento dei bisogni educativi della comunità scolastica e promotrice dei processi formativi.
Alla politica chiediamo un cambio di passo, anche nella gestione della sicurezza degli edifici scolastici.
Si continua in questo ambito a non tenere conto della specificità della scuola. IL dirigente scolastico con il D.M. 292/96 è stato individuato, con una evidente forzatura, quale datore di lavoro ai fini della normativa sulla sicurezza, considerando che il dirigente scolastico non è competente e non è titolato circa la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, spetta all’ente proprietario questa responsabilità.
Sul testo proposto dal ministro dell’Istruzione, di concerto con il ministro del Lavoro, la Conferenza Stato-Regioni ed autonomie locali, il decreto interministeriale previsto dalla legge 215/2021 di conversione del dl 146/2021, ancora non si è espressa e seppure non risolutiva della materia, di fatto solleva di poco l’enorme macigno sulle spalle dei dirigenti
Anche qui è stato fatto un mezzo passo avanti e poi lo stop.
Avanti allora con l’Atto di indirizzo. L’apertura del tavolo contrattuale è urgente e siamo in ritardo rispetto all’evoluzione del rapporto di lavoro con una evidente inadeguatezza retributiva.
Parliamo poi dell’annosa questione causata dall’insufficienza del FUN – Fondo Unico Nazionale, che non si vuole risolvere.
Il blocco di 5 anni, con il taglio di 25 milioni subito dal FUN nel 2017, affannosamente in alcuni casi si è evitata la restituzione di parte degli stipendi già percepiti dai dirigenti e sono tuttora in corso le contrattazioni per un difficile riallineamento.
La Uil Scuola Rua chiede a Lei signor Ministro la disponibilità ad una presa in carico delle questioni rappresentate.