Il Ministro Azzolina annuncia aumenti di stipendio attraverso la riduzione del cuneo fiscale e l’utilizzo di risorse non spese nella scuola. Turi: proposta irricevibile.
Non si può contrabbandare la riduzione di tasse con l’aumento degli stipendi.
Serve progetto ampio e strategico che metta la scuola al centro di una rivoluzione sociale e politica
Il vertice di oggi a Palazzo Chigi sulla scuola è stato preannunciato dalle dichiarazioni del ministro Azzolina: annuncia aumenti di stipendio attraverso la riduzione del cuneo fiscale e l’utilizzo di risorse non spese nella scuola.
Una proposta che non sta in piedi – commenta il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi. Se si vuole ridare dignità al lavoro nella scuola come tutti indicano, bisogna cambiare registro.
Quel che occorre è una battaglia culturale e politica su cui fare confluire risorse importanti che servono alla scuola senza la quale non è neanche pensabile iniziare un simile percorso.
Quello che Romano Prodi definisce «uno sforzo senza precedenti e un cambiamento nelle gerarchie sociali capace di attribuire agli insegnanti e a tutti coloro che operano nel settore il ruolo e la dignità che essi meritano, ma gravandoli nello stesso tempo degli obblighi che la loro missione comporta… la costruzione di un’Italia verde ed un nuovo equilibrio ecologico e territoriale».
Il ministro Azzolina mostra di condividere la strada indicata da Prodi ma poi annuncia aumenti attraverso la riduzione del cuneo fiscale e le risorse non spese.
La scelta strategica di investire sulla scuola, la rivoluzione politica e culturale, come quella di cui vorremmo si parlasse, potrà mai essere realizzata con investimenti a costo zero?
Non si può contrabbandare la riduzione di tasse con l’aumento degli stipendi.
Non sarà il ministro Azzolina a dare la risposta, ma l’intero Governo – sottolinea Turi.
Per dirla come Prodi – aggiunge – se non si parte da punti semplici e condivisi per preparare il futuro, dovremo accontentarci delle briciole sempre più scarse.
Al tavolo sulla scuola, oggi, nostalgici irriducibili della 107, guardano alla chiamata diretta dei docenti che ne condizionerebbe inevitabilmente la libertà di insegnamento che ha, invece, bisogno di sedi che ne tutelino la garanzia. Al ministro attiene, in ogni caso, il compito di riconoscere i meriti della scuola e del personale, garantirne libertà ed indipendenza.
Riconoscimenti, considerazione e fiducia che vengono dalla società civile ma non dal ministero che dovrebbe farlo attraverso i suoi dirigenti.
Il problema c’è e va affrontato con il confronto o nelle piazze: è una scelta che il ministro prima o poi dovrà fare.