ESAMI DI STATO CONCLUSIVI DEL SECONDO CICLO D’ISTRUZIONE
AUDIZIONE 7^ COMMISSIONE ISTRUZIONE – SENATO
Memoria Uil Scuola Rua
Omettendo una serie di considerazioni sul fatto sconfortante che, al cambio di ogni vertice ministeriale, l’esame di Stato venga modificato – gettando nella confusione tanto i docenti quanto gli studenti che lavorano per un quinquennio con un’idea di esame di Stato e debbono ogni volta trovarsi spaesati di fronte a modifiche dell’ultima ora – riteniamo indispensabile fare qualche riflessione di natura pragmatica, partendo dalla legge n.119 del 1969, che presumeva che l’Esame di Maturità avesse come obiettivo finale la valutazione globale della personalità del candidato; in sostanza al termine dell’esame il candidato veniva giudicato sia sulla base delle risultanze delle prove d’esame che dal suo curriculum e da ogni altro elemento posto a disposizione della commissione.
Dopo 28 anni, con la legge n. 425/97 lo studente viene, invece, chiamato a dimostrare il possesso di COMPETENZE, CONOSCENZE e CAPACITÀ acquisite, in un’ottica di spendibilità del titolo sul territorio dell’Unione Europea.
Quindi il concetto di MATURITÀ si è trasformato in concetto di COMPETENZA, sovvertendo anche le buone intenzioni che erano alla base di questo profondo cambiamento, decisamente impegnativo in una prospettiva europeistica di equiparazione dei livelli di uscita dei nostri studenti dalla scuola secondaria di secondo grado; cambiamento, comunque, frenato da una serie di ostacoli, primo fra tutti, una certa deriva tradizionalistica che ne ha ammortizzato il senso.
Il risultato è stato quello di un esame di maturità che ha finito per valutare lo studente più per le competenze possedute, che non per le solide conoscenze che devono essere alla base delle competenze.
La norma del ’97 prescriveva, invece, che lo studente del V anno dimostrasse di possedere conoscenze, competenze e abilità, tali da consentirgli di operare scelte consapevoli per il proprio futuro.
Oggi, a livello mondiale, si parla di competenze finalizzate soprattutto all’esercizio della cittadinanza attiva e, più avanti con la forte accentuazione rivolta alla integrazione con il mondo del lavoro, erroneamente, a nostro avviso, si rischia sempre di più di snaturare tale momento di verifica finale.
Esempio ne sia la forte attenzione all’alternanza scuola lavoro, seppur mitigata, per la prima volta quest’anno, da un approccio più generale connesso alla cittadinanza emergente dai Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento.
Ebbene, se la cornice è questa, ed è innegabile che lo sia, che lo studente disquisisca di storia o meno, che scelga una busta piuttosto che un’altra, ha poco significato o è addirittura privo di senso.
Occorre lasciar perdere il sapere nozionistico in un contesto mondiale di società liquida e complessa.
Il che non significa affatto abbandonare le conoscenze che sono lo strumento unico e irrinunciabile per lo sviluppo di solide competenze.
Secondo noi bisogna fare attenzione alla circostanza che la complessità cresca in maniera esponenziale, anche in forza di uno sviluppo della tecnologia e della comunicazione sempre più veloce e complessa. Tanto complessa da richiedere competenze di alto livello, che non potranno essere mai tali se svuotate di senso e di valore, il valore della nostra cultura umanistica, che è stata e può essere ancora determinante anche per lo sviluppo di menti costruttivistiche orientate ad innalzare limitazioni e a delineare un orizzonte entro il quale lo studente possa trovare la sua giusta direzione prima di uomo, di cittadino e poi di lavoratore, manager, di medico etc.
E’ assolutamente doveroso conoscere e comprendere che cosa accade “qui ed ora” – e forse anche “un po’ prima” – nel nostro Paese, nella nostra Europa, nel nostro mondo, con un approccio comparativo e non sostitutivo in questo faticoso e difficile inizio del Terzo Millennio. Anche e soprattutto per comprendere che cosa potrebbe succedere DOPO.
E’ su queste coordinate che la scuola oggi deve misurarsi e fondare la propria missione. E sui quali i nostri diciannovenni devono essere “esaminati” in una visione di scuola che è attenta all’Europa, ma non dimentica le nostre tradizioni, dalle quali non sono escluse quelle di una cultura europeistica che ci appartiene. Tutto ciò può essere realizzato attraverso il ripristino della storia tra le discipline su cui possono essere sondate le competenze generali di cittadinanza attiva, le conoscenze e le abilità critiche, secondo una dimensione non cronologica, ma di temporalità multiple.
Sapere LEGGERE e SCRIVERE in modo corretto, compiuto e finalizzato, sapere DOVE e ORA si vive e si opera non sono soltanto i contenuti di QUATTRO MATERIE di studio – quindi di qualsiasi esame finale – ma le quattro conoscenze/abilità/competenze indispensabili per poterci misurare oggi in un mondo difficile che tutti dobbiamo contribuire a cambiare in meglio.
Con tale spirito la Uil Scuola propone, anche in considerazione dell’avanzamento dell’anno scolastico 2019-2020 che per il corrente anno vengano introdotte esclusivamente modifiche di limitato impatto sulla preparazione che impegna indistintamente studenti e docenti, considerando seriamente soltanto:
- L’eliminazione dell’obbligo di partecipazione alle prove Invalsi, come condizione di ammissione, con la motivazione che tale obbligo corrisponde esclusivamente ad una esigenza burocratica di mantenimento dell’Istituto Nazionale di Valutazione, ma non fornisce, proprio per la forma di obbligo, elementi utili alla valutazione;
- L’eliminazione della procedura di scelta delle tre buste.
Le modifiche di seguito elencate, di cui si ravvede la necessità, vanno invece apportate in vista dell’esame di Stato per l’a.s. 2020-2021.
– Reintroduzione della storia quale disciplina di fondamentale importanza per lo sviluppo e l’espressione consapevole della cittadinanza attiva, a completamento di percorsi di istruzione e formazione di durata almeno quinquennale e dell’intero corso di studio. Gli stessi programmi di storia andrebbero rivisti, evitando lo studio ripetitivo di ciò che già si è studiato alla scuola secondaria di primo grado, dando spazio all’approfondimento di tematiche storiche contemporanee, nell’ultimo anno della scuola superiore .
Andrebbero riviste anche le ore di inglese degli Istituti professionali, ridotte, a fronte di una valutazione delle competenze della lingua inglese, viepiù pregnanti, generando, così, una distonia di senso e di valore di ciò che si pretende a fronte di ciò che si offre (si veda come es. l’eliminazione del docente madrelingua dagli istituti tecnici).
Convintamente sollecitiamo di non mandare in confusione la nostra scuola con continui cambiamenti frutto più di un’artificiosa volontà di alternanza, rincorrendo a fantasiose tematiche pseudo- pedagogiche, con astruse formule e amenità varie.
– Svolgimento dell’esame sul concreto Programma Scolastico svolto in classe, in modo che gli esaminatori sappiano cosa chiedere agli esaminandi e questi ultimi, se hanno studiato, sappiano cosa rispondere.